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Considerato da alcuni critici una delle vette artistiche della band, il brano è stato inserito alla posizione numero 28 nella classifica delle 500 migliori canzoni di sempre redatta dalla rivista Rolling Stone.
Il testo si sviluppa giustapponendo quattro nuclei narrativi diversi. La prima e la quarta parte si riferiscono infatti a due notizie prese dal giornale e rielaborate da Lennon in chiave surreale e umoristica: il 18 dicembre 1966, Tara Browne, erede dei Guinness, figlio di un membro della Camera dei Lords, nonché amico di John Lennon e Paul McCartney, perde la vita in un incidente d'auto; il secondo articolo (che qualche critico riporta sul Daily Mail del 17 gennaio 1967) parlava delle circa quattromila buche nelle strade di Blackburn, nel Lancashire. Il nonsenso voluto fu creato unendo il verso: «Now they know how many holes it takes to…» e un trafiletto che parlava di un'importante esibizione alla Royal Albert Hall. La liaison fill fu suggerita a Lennon da Terry Doran, collaboratore del gruppo. Nella seconda parte è presente un riferimento indiretto al film Come ho vinto la guerra di Richard Lester (dove John recita una parte), satira antimilitarista tratta dal libro di Patrick Ryan. Poiché il film uscì solo verso ottobre, diversi mesi dopo Sgt. Pepper, la battuta si capì solo più tardi.
McCartney ricorda che entrambi passarono molto tempo insieme per scrivere questo brano cercando di influenzarsi a vicenda. Secondo John, il contributo migliore del coautore fu la frase: «I'd love to turn you on»; ma di McCartney è anche la parte centrale (la terza). Si rifà a ricordi dell'adolescenza, quando si affrettava per andare a prendere l'autobus che lo portava a scuola e sul quale era solito fumare una sigaretta, immergendosi nei suoi pensieri. In piena era psichedelica, con i Beatles determinati sia da un punto di vista culturale che artistico a giocare sui doppi sensi, tutti quei riferimenti finirono per essere censurati dalla BBC per paura di riferimenti all'uso di sostanze stupefacenti.
L'idea dell'orchestra fu di McCartney, che chiese a George Martin un'orchestra composta da 90 elementi per realizzare una traccia sonora innovativa. Tale richiesta, rivelatasi assai dispendiosa per il produttore, fu accantonata con una controproposta di un'orchestra composta da 45 elementi. Ai componenti della stessa e a tutti gli astanti in studio, Lennon, per la realizzazione del videoclip, fece indossare nasoni di cartapesta completi di baffi e occhiali. La traccia sonora consisteva nel realizzare un vortice da inserire nella canzone come intermezzo e come coda. In pratica, fu chiesto all'orchestra di suonare, crescendo man mano in intensità e volume, la nota più bassa prevista dal pentagramma fino a raggiungere quella più alta, creando così il famoso vortice di archi, ottoni e fiati di imponente impatto emotivo. Per il vortice di coda i Beatles decisero di concludere con un accordo al pianoforte, protratto fino alla dissolvenza totale del suono. Per ottenere tale effetto, lo stesso accordo venne suonato contemporaneamente da Lennon, McCartney, Ringo Starr, George Martin, e Mal Evans su tre pianoforti a coda, e il volume di registrazione venne man mano alzato per raccogliere ogni minimo suono (oltre che alcuni rumori di fondo!). L'inadeguatezza delle tecniche di registrazione del tempo venne notata quando il nastro venne trasferito su CD, e si notò che la registrazione venne terminata mentre si sentiva ancora l'accordo.

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