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  • Data di pubblicazione

    19 Marzo 1971

  • Durata

    11 brani

Aqualung è il quarto album della band progressive rock inglese Jethro Tull, pubblicato nel 1971.

L'album colpì il pubblico grazie alla celebre copertina raffigurante un barbone, molto somigliante al leader del gruppo Ian Anderson. L'immagine impressiona soprattutto per la crudezza dell'espressione e dello sguardo del volto di Aqualung, cui fa da contraltare un manifesto che reclamizza eleganti e dispendiose vacanze natalizie.
Pare che il titolo dell'album derivi dal rantolo roco del barbone simile - secondo Anderson - al rumore di un respiratore artificiale (l'Aqualung ne è un modello particolare).
I testi raccontano in maniera aspra la vita di Aqualung, fallimentare a scuola come nelle relazioni interpersonali. Unico suo interlocutore possibile resta Dio al quale in punto di morte - in un ultimo rantolo rabbioso - Aqualung dedica solo parole sprezzanti. I Jethro Tull scegliendo un barbone pedofilo come protagonista del loro concept album vogliono esprimere una critica alla società. Il senso di smarrimento che ne consegue porta l'uomo a perdere ogni certezza e ad odiare il mondo stesso. Aqualung impreca contro Dio e Lo accusa delle proprie sofferenze.
Grande prova di maturità per i Jethro Tull, che dimostrarono in Aqualung e nel successivo Thick as a Brick di essere molto più che "menestrelli progressivi", come forse potevano apparire alla luce delle prove precedenti. L'album contiene alcuni dei cavalli di battaglia del gruppo, a partire dalla title track, immancabile nelle esibizioni live dei Tull così come Locomotive Breath e My God che è senza dubbio uno dei brani più significativi della carriera della band. Il gruppo lo registrò una prima volta durante le session di Benefit, ma lo accantonò perché giudicò quella versione poco riuscita. Il brano venne comunque suonato in tour per parecchio tempo, e fu una delle composizioni preferite da Anderson stesso.
Inizialmente, l'album doveva chiamarsi proprio My God, ma il titolo venne cambiato perché sul mercato era apparsa un'incisione pirata omonima, che aveva una qualità audio talmente buona che avrebbe potuto facilmente essere scambiata per una pubblicazione ufficiale. Il brano, a pari merito della title-track, resta comunque uno dei più eseguiti dal vivo ed è a tutt'oggi e uno dei più apprezzati; è da segnalare la "cover" di Cross-Eyed Mary incisa dagli Iron Maiden disponibile nella raccolta "Best of B-Sides".

La rivista Rolling Stone l'ha inserito al 337° posto della sua lista dei 500 migliori album.

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