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Ascoltare i Sinezamia è un pò come tornare indietro nel tempo. Un viaggio temporale che conduce direttamente ai ricordi appassiti legati alla musica new wave italiana come quella dei Litfiba e come quella dei Diaframma. Il disco si presenta come un dipinto dai colori sfocati e brumosi densi di una sensibile malinconia e di una irrefrenabile nostalgia. Frammenti e detriti di un tempo si lustrano nelle sonorità espresse dalla band mantovana che nonostante i chiari rifacimenti ai mostri sacri del passato riesce a mantenere una certa originalità ed una propria impronta musicale. “Sacralità” è un mosaico formato da quattro tracce intessute da refrain sonori dalle andature vagamente operistiche cadenzata da frammenti religiosi di sottofondo che si muovono sinuosi su scenari vicini allo smarrimento ed alla dannazione.
Rispetto a “ Fronde “ ,il loro primo ep, appaiono molto più marcate le attenzioni verso una “drammaturgica” ricerca del sound grazie anche ad un radicale cambiamento della primordiale line up che sicuramente ha aumentato l’ampiezza e la struttura sia dei testi che della musica dei Sinezamia. L’ispirazione e la voglia di emergere dalle dannate nebbie della scena underground sicuramente hanno apportato maggiore pathos alle quattro tracce e la band è sicuramente riuscita a vagare tra i fragili sentieri della musica dark-wave attraverso una semplicità espressiva davvero efficace. L’umore complessivo di questo demo resta torvo e si muove attraverso un gioco chiaroscurale completamente popolato dai soli sentimenti messi in primo piano dai mantovani che rendono ancor più vero e sofferto questo Sacralità.
L’aspetto intimista del demo annega nelle drammatiche stanze della opener track “ Dilano dell’anima “ . Il notturno dei nostri , dopo una malinconica introduzione strumentale , viene lacerata da bagliori di luce dalla voce di Marco Grazzi dai toni baritonali e sofferti. Il comune riferimento ai già citati Litfiba appare in alcuni passaggi forse troppo caratterizzante ma i riff di chitarra e la tonalità dei suoni fanno emergere i colori dell’anima della band che si muove attraverso un ectoplasma più “dark” . La title track del disco dimostra la continua varietà umorale dei mantovani. “Sacralità” , infatti , si appoggia su riff se vogliamo più violenti , almeno nella parte iniziale della traccia . La forsennata giostra delle emozioni si rispecchia nella voce del frontman Grazzi che sembra strappare tensione e fascino alle fragili litanie espresse dalle liquide chitarre. L’oscura lussuria grava ed ingravida di tristezza ed austerità la totalità dell’atmosfera. Le sonorità , dai caratteri vicini alla musica medio-orientale , si ricongiunge alle tradizioni ormai perdute in un connubio presente/passato davvero ben riuscito.
Religione e tensione mistica si incidono a fuoco nelle liriche eleganti che assumono forma di vere e proprie linee di confine che divorano la patina della banalità quotidiana e trasportano l’acoltatore verso “invisibili visioni “. Il richiamo al passato , e più precisamente all’antica Venezia , chiude questo Sacralità. Un viaggio attraverso i liquidi paesaggi di un mondo posto tra oriente ed occidente annegato tra lussuria e cristianità. I battiti sintetici ed indolenti delle tastiere fecondano l’interezza della traccia e si mescolano nelle maschere e nelle immagini sinistre riportate in vita grazie all’ausilio di barocche chitarre. Un disco dall’antico gusto che si dimostra essere coerente con le attuali mutazioni sonore.
La sottile ambivalenza del passato presente e dei sogni ed incubi decorano maggiormente il già buon lavoro espresso dai Sinezamia . Un disco sicuramente adatto per i maniaci nostalgici sempre alla ricerca di sonorità malinconiche figlie delle sepolte banshee ottantine. Un gruppo sicuramente da tenere d’occhio . Sono sicuro che ne risentiremo presto parlare.
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